Storia del Comune

CENNI STORICI

Il Comune di Istrana è posto nel mezzo dell’asse Treviso – Castelfranco e del triangolo che ha come terzo vertice Montebelluna.
Oltre ad Istrana, è completato dalle frazioni di Ospedaletto, Pezzan, Sala e Villanova. E’ indicato dagli esperti come collocazione preferenziale per le attività artigianali e piccolo-industriali. Il suo territorio occupa una superficie di Kmq 25,70, l’altitudine media è di mq. 38 per quasi 9400 abitanti. Offre un colpo d’occhio piatto e uniforme, interrotto dal rettangolo aeroportuale e con il contraccolpo delle discariche, ma a disegnarne lo sfondo superiore sono ridenti vezzi montani e a valle gode dell’area incantata del Sile. La storia di Istrana e delle frazioni che ne compongono il  Comune ha radici antiche ed è solcata dal passo delle generazioni. Ecco, in sintesi, la sua cadenza sulla strada del tempo.
L’origine del nome di Istrana è affidato a varie congetture. La più attendibile sembra essere quella derivata da un agro locale di centuriazione romana che sarebbe stato sancito con la denominazione di Charta Histriana. Notevoli e ricorrenti, infatti, i richiami all’esistenza romana e preromana da queste parti, con cospicui ritrovamenti.

PRIMI DATI STORICI

Qui, in quanto a riferimenti scritti, si stende spesso una coltre di nebbia. Istrana viene citata in un primo documento nel 1152: si tratta di una bolla del pontefice Eugenio III; di Pezzan e Sala troviamo analogo riferimento ancora prima, nel 996,e un anno dopo, anche di Ospedaletto, per Villanova andiamo nel 1014: questi ultimi come atti ecclesiastici sempre a firma del vescovo di Treviso Rozone. Non sempre facile neanche la ricerca riconducibile alla desinenza del nome delle frazioni: Ospedaletto sicuramente deriverebbe dall’insediamento di un “Hospitale” da parte dei monaci benedettini (XI secolo), per Pezzan si potrebbe fare riferimento al “fundus pettianus” del colono Pettius (IV-V secolo), Villanova deriverebbe da “villa noviter facta” che sarebbe la villa del vescovo (IX-X secolo) e come sede succursale del monastero di Mogliano con l’abbadessa Gilda, di Sala si dice voglia dire “aula” nel senso di ospitalità, insediata dai monaci di Nervesa (VII secolo), ma potrebbe provenire anche dal longobardo “manipolo di soldati”. Qui scorre, infatti, la Vecchia Postumia Romana (poi “Napoleonica”) costruita nel lontanissimo 147 A.C. per volontà del console romano Aulo Spurio Postumio Albino una strada per eserciti in vena di conquiste, un percorso per pellegrini diretti a S. Giacomo di Compostela e anche, un tramite per orde barbariche. Attorno ad essa fiorirono appassionate leggende. Incisivo il lungo dominio veneziano che bonificò ed incentivò l’arte, quindi il lombardo-veneto e il susseguirsi delle invasioni straniere per poi approdare all’Unità d’Italia. Sempre nel contesto di una civiltà contadina, consolidata e tradizionale, per lo più sfruttata e di misera condizione. Nella prima guerra Istrana fu immediata retrovia fungendo da infermeria militare. Visse dal di dentro la crudezza di quei momenti e Sala fu sede di aeroporto con il mitico Francesco Baracca. In quel periodo imperversò la “spagnola”, una febbre micidiale che falciò civili e militari. Al centro del vortice anche nella seconda guerra: quale zona strategica fu bombardata e spesso esposta alle fazioni in lotta, visse trasformazioni e rappresaglie, fu “prima linea” nel senso completo, con punte drammatiche che fanno capo alla indimenticabile notte del 29 aprile del ’45 quando diventò campo di battaglia fra tedeschi e alleati. La popolazione fu tenace nella ricostruzione morale e fisica di un difficile dopoguerra. E affrontò una ulteriore prova: quella dell’avvento dell’aeroporto militare che spazzò via campagne e famiglie. Fu disperazione e si acuì il fenomeno storico dell’emigrazione. Ma le “ferite” si rimarginano nel tempo e subentrò la condivisione umana e sociale di un popolo integrato: con gente realizzata nel mondo e l’aeroporto che è diventato “porta aperta”, con e per il paese.


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